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LA MERAVIGLIOSA LETTERA DI TARDELLI A PAOLO ROSSI

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Click. Buio. Stamattina all'alba rispondendo come un'automa alla telefonata di Michel (Platini, ndr), dentro di me si è spenta la luce. Buio pesto, niente lacrime, niente parole, niente di niente. Solo buio e un ingorgo indescrivibile di emozioni bloccate in gola. A togliermi il respiro».

Questo il ricordo di Paolo Rossi che Marco Tardelli, altro campione del mondo di Spagna 1982, affida a La Stampa. «Non ci riesco, mi sono detto, non posso parlare o scrivere di Paolo oggi - scrive l'ex centrocampista della Juventus e della Nazionale -. Un fratello che se ne va senza un perché e senza preavviso. Poi ho pensato che negli ultimi tempi ti ho cercato, come in preda al panico, come sentendo qualcosa dentro e non sono riuscito, se non con sms o attraverso Federica, a dirti quello che avrei voluto. E allora forzando il mio carattere chiuso e pieno di pudore, di cui sorridevi divertito e scanzonato, provo a dirtelo qui, fratello sul campo e nella vita. Fratello di gioia, di luce, di pura e totale felicità. È difficile, direi impossibile per me ricordare tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Momenti belli, unici, irripetibili. Insieme nella difficoltà».

 Insieme nel dolore e nell'isolamento di quel mondiale '82 in cui ci sembrava di essere soli contro il mondo e poi improvvisamente padroni del mondo intero - prosegue l'ex tecnico dell'Inter -. Giovani, invincibili, ci sentivamo persino belli e irresistibili, proprio come ci vedevano allora gli italiani che ci hanno sempre riempito d'amore fino ad oggi con tutta Italia che piange per te. Il 5 luglio '82, contro il Brasile, sei riuscito a trasformare in gol liberatorio un mio tiro sbilenco che poi ho provato a farti credere fosse un grande passaggio. Ma con te tutto diventava grande. E poi l'11 luglio la nostra risurrezione, il tuo gol, gli abbracci con cui ti abbiamo soffocato, quel sorriso luminoso che non dimenticherò mai, la gioia, la forza, la fratellanza, quel giro di campo con la Coppa, ubriachi di felicità. Ma anche molto più di questo, le nostre notti in bianco a scherzare nei corridoi, ragazzini che giocano a salvare il mondo. Scherzi telefonici, battute goliardiche assieme a Gaetano e Antonio, e poi quel velo di tristezza che spesso attraversava i tuoi occhi mobili e intelligenti, quel senso enorme di responsabilità verso un Paese che guardava a noi come a un presagio di futuro».

 «Pertini, Bearzot, il nostro maestro di vita e di calcio e gli italiani tutti. Scamiciati, sudati sugli spalti a piangere e gioire con noi. Finalmente un Paese unito dalla nostra vittoria. Un miracolo, ma il miracolo fatto da un gruppo di ragazzi che ancora oggi, quasi 40 dopo, si sentono famiglia. Chissà se da lassù stai leggendo il disorientamento che viaggia sui messaggi della nostra chat... forse sorridi ripensando a quella esibizione maldestra e emozionata con Francesco De Gregori, solo un anno fa prima che si spegnesse la luce. E allora Paolo - conclude Tardelli - oggi dai un bacio a Gaetano e abbraccia el Vecio anche da parte mia. Cominciate a giocare voi, prima o poi ci rivediamo...».  

11/12/2020

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